Il 23 aprile è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE il testo del Reg. n. 2024/1143 relativo alle indicazioni geografiche di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli, nonché alle specialità tradizionali garantite e alle indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli che modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e che abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.
Il nuovo Regolamento modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.
Il nuovo testo, entrato in vigore lo scorso 13 maggio, si inserisce nel contesto di semplificazione della normativa della P.A.C. (politica agricola comune), che aveva già consentito di rendere più efficienti e dirette le procedure di modifica dei disciplinari relativi ai prodotti designati da un’indicazione geografica.
Il Regolamento stabilisce norme procedurali armonizzate per le indicazioni geografiche di vini per le bevande spiritose e per i prodotti agricoli in un unico strumento giuridico.
Viene, quindi, creato un sistema «unitario ed esaustivo» di Indicazione Geografica (I.G. art. 4 – vini, spiriti e prodotti agricoli), basato su una procedura di registrazione univoca, articolata in due fasi, simile, ad esempio, a quella già esistente per gli spiriti:
La fase nazionale si apre con la domanda alle autorità nazionali competenti di registrazione depositata da un gruppo di produttori interessati alla registrazione del nome del prodotto o, a certe condizioni, anche da un singolo produttore. La domanda è accompagnata dal disciplinare del prodotto.
Nel caso di zone transfrontaliere, più gruppi di produttori possono presentare domanda comune a tutti gli Stati interessati.
Nel corso della fase nazionale, è prevista una procedura d’opposizione. Nel frattempo, gli Stati possono concedere una protezione transitoria a livello nazionale.
Superata questa fase, lo Stato che ha approvato la domanda presenta la stessa alla Commissione, ora unica responsabile, che la esamina entro sei mesi.
Nuovamente è possibile presentare opposizione, questa volta su iniziativa degli altri Stati membri. In tal caso, la Commissione può concedere un periodo transitorio di massimo 5 anni per la continuazione dell’uso di denominazioni di prodotti che violino l’I.G. Ottenuta la concessione da parte della Commissione, l’I.G. viene inserita in un apposito registro pubblico europeo, tenuto dalla stessa Commissione e gestito dall’EUIPO (l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale).
Anche gruppi di produttori di Paesi terzi possono presentare una domanda di registrazione (a livello di Unione) o fare opposizione.
Per quanto riguarda la tutela delle Indicazioni Geografiche, il suo livello è mantenuto in linea con quello già esistente. Restano protette contro «qualsiasi uso che indebolisca, svigorisca o ancora danneggi la reputazione del nome», le imitazioni e/o evocazioni, e contro qualsiasi altra indicazioni o pratica potenzialmente ingannevole o confusoria rispetto all’origine, qualità o natura del prodotto.
Il Regolamento disciplina anche il rapporto coi marchi e con le varietà vegetali.
I primi sono esclusi dalla registrazione se il loro uso violi le I.G. e, a loro volta, queste ultime non sono registrabili qualora possano indurre il consumatore in errore rispetto a marchi dotati di fama o reputazione. Le varietà vegetali, invece prevalgono sulla I.G. impedendone la registrazione.
le specialità tradizionali garantite (S.T.G.) sono oggetto del capo II del Regolamento. Anche per queste è prevista la procedura di registrazione articolata in due fasi, nazionale e unionale, con doppia possibilità d’opposizione.
Il Regolamento prende in considerazione anche le indicazioni facoltative di qualità, che hanno lo scopo di «agevolare la comunicazione da parte dei produttori, nel mercato interno, delle caratteristiche o proprietà dei prodotti agricoli che conferiscono a questi ultimi valore aggiunto», quale, ad esempio, l’indicazione «prodotto di montagna».
Infine, il Regolamento rende evidente come la sostenibilità, parte del Green Deal europeo, sia al cuore dell’azione dell’Unione. Basta vedere il consistente numero di considerando dedicati al tema (nn. 2, 3, 4, 9, 19, 23, 24, 25) che esplicitano come queste norme siano anche volte ad agevolare la transizione verso un sistema di produzione alimentare sostenibile e circolare, oltre che basato su “prodotti di qualità, tradizionali e accessibili” (considerando 7).
Nel testo normativo, la sostenibilità è posta come parte del primo obiettivo del Regolamento all’art. 4 lett. a) (“prodotti che sono il risultato di una produzione sostenibile nelle sue tre dimensioni”). Inoltre, ne tratta l’intero articolo 7, disponendo che il gruppo di produttori che presenta la domanda può includere una o più pratiche sostenibili, e anche renderle obbligatorie, nel disciplinare da rispettarsi per il prodotto coperto da indicazione geografica. Tali pratiche sono dagli scopi ampi e comprendono sia la “mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento agli stessi” (art. 7, co. 2, lett. a), sia la riduzione dei pesticidi (lett. b) e il benessere animale (lett. c), sia il mantenimento di redditi equi e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei produttori (lett. d, e, f).
In conclusione, il Regolamento mira a un sistema unitario, seppure per certi versi complesso, che razionalizza le procedure e le relazioni tra le varie indicazioni geografiche e gli altri diritti, promuovendo anche gli obiettivi sociali e ambientali che sono sempre più al centro dell’azione della UE. Resterà da vedere se tali aspirazioni saranno soddisfatte e se il Regolamento sarà anche in grado di rendere più competitiva l’economia dell’Unione.
Il team di Proprietà Industriale e Intellettuale di Lexsential si occupa da molti anni delle tematiche su cui impatta il Regolamento.