Gianluca Pojaghi coautore del volume Crisi e resilienza del diritto d’autore di Giappichelli

L’avvocato Gianluca Pojaghi  of counsel di Lexsential ha contribuito alla stesura del volume, edito da Giappichelli Editore: «Crisi e Resilienza del Diritto d’Autore – il recepimento italiano della direttiva 790/2019», curato dalla Prof. Maria Letizia Bixio.

L’opera, appena pubblicata, analizza, articolo per articolo, il processo di implementazione in Italia della direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.

Il contributo di Gianluca si concentra sulla norma che istituisce la partecipazione degli editori ai proventi per le limitazioni ai diritti (reprografia e copia privata), introdotta dal Legislatore unionista, e quindi da quello italiano, a seguito della cosiddetta sentenza “Reprobel”. La norma analizzata è l’art. 70-quinquies della Legge sul Diritto d’Autore (la n. 633 del 22 aprile 1941).

Secondo la presentazione dell’editore, la Direttiva copyright ha reso necessario che il legislatore italiano intervenisse sul testo della legge 633/1941 che riguarda la protezione del diritto d’autore e degli altri diritti connessi.

L’intervento è richiesto per coerenza con gli obiettivi di modernizzazione della materia perseguiti dall’Unione Europea nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale che si pone obiettivi ampi e superiori.

 

La presentazione del volume da parte dell’editore Giappichelli

L’opera, redatta a più mani, è indirizzata a giuristi teorici, professionisti  e operatori del settore delle opere digitali.

Il volume, secondo l’Editore Giappichelli: « Propone un approfondimento di tutti gli istituti, neo-formati o riformati dalla Direttiva, con riferimento anche alle possibili ricadute nel sistema interno. Mediante uno schema snello, ciascun capitolo mira a dirimere i primi dubbi interpretativi del nuovo dettato normativo per offrire, grazie al contributo qualificato dei più illustri studiosi nazionali della materia, la comprensione critica di quei correttivi che il legislatore europeo aveva previsto fossero assunti in sede attuativa per affrontare le dure sfide poste dalla digitalizzazione alle tradizionali forme di sfruttamento delle opere protette».

IA e diritti umani: la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa

Il 17 maggio 2024, durante l’incontro ministeriale annuale del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, è stato adottato il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante, volto a fornire un quadro giuridico per i sistemi di intelligenza artificiale (IA) in tutto il loro ciclo di vita: la «Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale, i diritti umani e lo Stato di diritto».

 

Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale

La Convenzione è il risultato di due anni di lavoro del Comitato sull’intelligenza artificiale (CAI) che ha riunito per redigere il trattato:

  • i 46 Stati membri del Consiglio d’Europa;
  • l’Unione europea
  • 11 Stati non membri (Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Giappone, Israele, Messico, Perù, la Santa Sede, Stati Uniti d’America e Uruguay);
  • rappresentanti del settore privato, della società civile e del mondo accademico come osservatori.

La Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale ha lo scopo di rispondere alla necessità di disporre di una norma di diritto internazionale.

Secondo la Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović, l’utilità della Convenzione è quella di garantire il bilanciamento tra i vantaggi che l’avanzamento tecnologico produce in materia di IA e il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, sostenuti dai diversi Stati contraenti. E ciò è confermato dal preambolo della Convenzione stessa ove si legge che il nuovo strumento mira a: «…garantire che il potenziale delle tecnologie di intelligenza artificiale per promuovere la prosperità umana, il benessere individuale e sociale e per rendere il nostro mondo più produttivo, innovativo e sicuro sia sfruttato in modo responsabile che rispetti, protegga e realizzi i valori condivisi delle parti e sia rispettoso dei diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto».

 

Pericoli e rischi dell’Intelligenza artificiale

Nonostante i suoi aspetti vantaggiosi, le tecnologie di intelligenza artificiale, sempre più dirompenti nella quotidianità, comportano il rischio significativo di avere un impatto negativo sul processo democratico e sull’esercizio dei diritti umani pertinenti. Tuttavia, con l’attuazione di adeguate misure di salvaguardia, queste tecnologie possono rivelarsi vantaggiose anche per la democrazia.

L’autonomia individuale, pilastro fondamentale della dignità umana, attiene alla capacità di autodeterminazione degli individui: rispetto all’IA, è necessario che gli individui abbiano il controllo sull’uso e sull’impatto di tali nuove tecnologie senza una compressione della loro capacità di agire in senso lato. La regolamentazione antropocentrica riconosce l’importanza di far convivere le   esperienze dei soggetti con l’IA e di non far diminuire l’ autonomia individuale,  valore questo essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto.

L’IA, nel suo ciclo di vita (dallo sviluppo, all’utilizzo), pone gravi rischi e pericoli, quali, ad esempio:

  • la discriminazione
  • la disuguaglianza di genere
  • l’indebolimento dei processi democratici
  • la compromissione della dignità umana o dell’autonomia individuale
  • l’uso improprio dei sistemi di IA da parte di alcuni Stati a fini repressivi.

Di conseguenza, nella Convenzione si sottolinea, ai sensi dell’art. 17, la necessità di evitare le discriminazioni fondate sul sesso, sulla razza o sulla etnia, sui pregiudizi o su altri aspetti di genere, conformemente agli obblighi internazionali e in linea con le pertinenti dichiarazioni delle Nazioni Unite.

Per queste ragioni, ciascuno Stato firmatario, ai sensi dell’art. 4, avrà l’obbligo di garantire che il proprio diritto interno sia conforme agli specifici obblighi derivanti dal diritto internazionale da cui è vincolato in materia di diritti umani. Allo stesso tempo ciascuno Stato è libero di scegliere le modalità e i mezzi per adempiere, a condizione che il risultato sia conforme a tale obbligo.

 

Convenzione a prova di futuro

Gli estensori, pienamente consapevoli del fatto che l’uso crescente dei sistemi di IA comporti nuove sfide per i diritti umani non ancora prevedibili al momento della stesura, prevedono alcuni ulteriori obblighi vincolanti. Si vuole in tal modo garantire una copertura non solo dei rischi attuali, ma anche di quelli futuri (ad es. l’obbligo di prevedere il costante deposito e aggiornamento di documentazione tecnica, dei rischi e degli impatti negativi, nonché la loro comunicazione al pubblico).

Si è cercato, quindi, di rendere la Convenzione quadro a prova “di futuro” alla luce dei rapidi e spesso imprevedibili sviluppi tecnologici.

 

Principi regolatori della Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale

I principi di rendicontazione e responsabilità sottolineano la necessità di definire i chiari nessi di responsabilità e di ricondurre le azioni e le decisioni prese in materia di IA a persone o entità specifiche, in modo da riconoscere la diversità degli attori pertinenti, dei loro ruoli e delle rispettive responsabilità. Ciò è importante per evitare che l’uso di un sistema di IA impatti negativamente sui diritti umani, sulla democrazia o sullo Stato di diritto, dando così vita ad un meccanismo di individuazione certo dei risultati e delle attribuzioni di responsabilità. In altre parole, tutti i soggetti responsabili delle attività nell’ambito del ciclo di vita dei sistemi di IA devono essere sottoposti al quadro normativo e agli altri meccanismi appropriati esistenti, in modo da consentire un’efficace attribuzione della responsabilità.

Il principio di rendicontazione e responsabilità è inscindibile dai principi di trasparenza e di sorveglianza. Di fatto quando le parti interessate comprendono i processi e gli algoritmi sottostanti, diventa più facile rintracciare e assegnare la responsabilità in caso di impatti negativi sui diritti fin qui citati.

A tutto ciò seguono i principi di effettività ed accessibilità in caso di ricorsi (art. 14) per violazione dei diritti umani da parte o tramite IA. Per essere efficace, la procedura di ricorso deve essere in grado di porre rimedio direttamente alle situazioni contestate e, per essere accessibile, deve disporre di garanzie procedurali sufficienti a rendere il ricorso significativo per la persona interessata.

 

L’apertura alla firma della convenzione a Vilnius

La Convenzione quadro sarà aperta alla firma a Vilnius (Lituania) il 5 settembre, in occasione di una conferenza dei ministri della Giustizia con la previsione di una doppia possibilità di attuazione della stessa. I firmatari potrebbero scegliere di aderire alle disposizioni così come figurano nel trattato regolatore, oppure di impegnarsi ad attuare altre misure paragonabili a quelle del documento, purché tutelanti dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. Queste due modalità di adozione sono state proposte al fine di ridurre la disparità in tema di diritti umani negli ordinamenti giuridici dei diversi paesi che compongono l’accordo.

 

 

 

Il nuovo Regolamento UE sulle I.G.: un sistema unitario per una Europa sostenibile

Il 23 aprile è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE il testo del Reg. n. 2024/1143 relativo alle indicazioni geografiche di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli, nonché alle specialità tradizionali garantite e alle indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli che modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e che abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.

Il nuovo Regolamento modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.

Il nuovo regolamento UE su vini, bevande e prodotti agricoli

Il nuovo testo, entrato in vigore lo scorso 13 maggio, si inserisce nel contesto di semplificazione della normativa della P.A.C. (politica agricola comune), che aveva già consentito di rendere più efficienti e dirette le procedure di modifica dei disciplinari relativi ai prodotti designati da un’indicazione geografica.

Il Regolamento stabilisce norme procedurali armonizzate per le indicazioni geografiche di vini per le bevande spiritose e per i prodotti agricoli in un unico strumento giuridico.

Viene, quindi, creato un sistema «unitario ed esaustivo» di Indicazione Geografica (I.G. art. 4 – vini, spiriti e prodotti agricoli), basato su una procedura di registrazione univoca, articolata in due fasi, simile, ad esempio, a quella già esistente per gli spiriti:

  • la prima nazionale;
  • la seconda europea.

La fase nazionale di riconoscimento

La fase nazionale si apre con la domanda alle autorità nazionali competenti di registrazione depositata da un gruppo di produttori interessati alla registrazione del nome del prodotto o, a certe condizioni, anche da un singolo produttore. La domanda è accompagnata dal disciplinare del prodotto.

Nel caso di zone transfrontaliere, più gruppi di produttori possono presentare domanda comune a tutti gli Stati interessati.

Nel corso della fase nazionale, è prevista una procedura d’opposizione. Nel frattempo, gli Stati possono concedere una protezione transitoria a livello nazionale.

La fase europea per l’Indicazione Geografica

Superata questa fase, lo Stato che ha approvato la domanda presenta la stessa alla Commissione, ora unica responsabile, che la esamina entro sei mesi.

Nuovamente è possibile presentare opposizione, questa volta su iniziativa degli altri Stati membri. In tal caso, la Commissione può concedere un periodo transitorio di massimo 5 anni per la continuazione dell’uso di denominazioni di prodotti che violino l’I.G. Ottenuta la concessione da parte della Commissione, l’I.G. viene inserita in un apposito registro pubblico europeo, tenuto dalla stessa Commissione e gestito dall’EUIPO (l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale).

Anche gruppi di produttori di Paesi terzi possono presentare una domanda di registrazione (a livello di Unione) o fare opposizione.

 

La tutela delle indicazioni geografiche, dei marchi e delle varietà vegetali

Per quanto riguarda la tutela delle Indicazioni Geografiche, il suo livello è mantenuto in linea con quello già esistente. Restano protette contro «qualsiasi uso che indebolisca, svigorisca o ancora danneggi la reputazione del nome», le imitazioni e/o evocazioni, e contro qualsiasi altra indicazioni o pratica potenzialmente ingannevole o confusoria rispetto all’origine, qualità o natura del prodotto.

Il Regolamento disciplina anche il rapporto coi marchi e con le varietà vegetali.

I primi sono esclusi dalla registrazione se il loro uso violi le I.G. e, a loro volta, queste ultime non sono registrabili qualora  possano indurre il consumatore in errore rispetto a marchi dotati di fama o reputazione. Le varietà vegetali, invece prevalgono sulla I.G. impedendone la registrazione.

 

Le specialità tradizionali garantite

le specialità tradizionali garantite (S.T.G.) sono oggetto del capo II del Regolamento. Anche per queste è prevista la procedura di registrazione articolata in due fasi, nazionale e unionale, con doppia possibilità d’opposizione.

Il Regolamento prende in considerazione anche le indicazioni facoltative di qualità, che hanno lo scopo di «agevolare la comunicazione da parte dei produttori, nel mercato interno, delle caratteristiche o proprietà dei prodotti agricoli che conferiscono a questi ultimi valore aggiunto», quale, ad esempio, l’indicazione «prodotto di montagna».

 

Il Regolamento come parte del sistema di sostenibilità europeo

Infine, il Regolamento rende evidente come la sostenibilità, parte del Green Deal europeo, sia al cuore dell’azione dell’Unione. Basta vedere il consistente numero di considerando dedicati al tema (nn. 2, 3, 4, 9, 19, 23, 24, 25) che esplicitano come queste norme siano anche volte ad agevolare la transizione verso un sistema di produzione alimentare sostenibile e circolare, oltre che basato su “prodotti di qualità, tradizionali e accessibili” (considerando 7).

Nel testo normativo, la sostenibilità è posta come parte del primo obiettivo del Regolamento all’art. 4 lett. a) (“prodotti che sono il risultato di una produzione sostenibile nelle sue tre dimensioni”). Inoltre, ne tratta l’intero articolo 7, disponendo che il gruppo di produttori che presenta la domanda può includere una o più pratiche sostenibili, e anche renderle obbligatorie, nel disciplinare da rispettarsi per il prodotto coperto da indicazione geografica. Tali pratiche sono dagli scopi ampi e comprendono sia la “mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento agli stessi” (art. 7, co. 2, lett. a), sia la riduzione dei pesticidi (lett. b) e il benessere animale (lett. c), sia il mantenimento di redditi equi e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei produttori (lett. d, e, f).

In conclusione, il Regolamento mira a un sistema unitario, seppure per certi versi complesso, che razionalizza le procedure e le relazioni tra le varie indicazioni geografiche e gli altri diritti, promuovendo anche gli obiettivi sociali e ambientali che sono sempre più al centro dell’azione della UE. Resterà da vedere se tali aspirazioni saranno soddisfatte e se il Regolamento sarà anche in grado di rendere più competitiva l’economia dell’Unione.

Il team di Proprietà Industriale e Intellettuale di Lexsential si occupa da molti anni delle tematiche su cui impatta il Regolamento.   

Sabrina Peron ha pubblicato per la nota rivista «Responsabilità civile e previdenza» della Giuffrè una nota di commento alla cassazione in tema di discriminazione

Sabrina Peron, of counsel di Lexsential, ha pubblicato una nota a sentenza dal titolo «Libertà di espressione e tutela del diritto a non venire discriminati», sulla rivista «Responsabilità civile e previdenza» edita dalla casa editrice giuridica Giuffrè Francis Lefebvre.

La nota a sentenza riguarda in particolare il commento alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 16 agosto 2023 n. 24686 che riguarda i diritti della personalità, la discriminazione per motivi razziali e la violazione della dignità delle persone. La Corte richiama nella sentenza a numerosi atti legislativi comunitari e nazionali, tra cui il D. Lgs. 18/8/2015 n. 142.

Il caso riguarda l’utilizzo dell’espressione clandestini nei confronti di richiedenti asilo stranieri arrivati sul suolo nazionale. L’appellativo costituisce in sé  un atto discriminatorio per contrasto con il principio di tutela della dignità umana. La Cassazione ha accolto la domanda di risarcimento proposta da una associazione di assistenza agli stranieri nei confronti di un partito politico che aveva affisso in prossimità del centro di accoglienza un manifesto che si riferiva ai migranti con l’appellativo di clandestini.

In tema di discriminazione, la molestia per ragioni di razza o di etnia è integrata da qualsiasi comportamento che sia lesivo della dignità della persona e potenzialmente idoneo a creare o incrementare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo nei confronti della etnia.

La nota a sentenza di Sabrina Peron è consultabile all’indirizzo web: www.iusexplorer.it/riviste/home

 


Sabrina Peron è un avvocato di grande esperienza e assiste clienti, italiani e stranieri, nei settori del diritto dell’informazione, in particolare dell’informazione economica e finanziaria, del diritto d’autore, diritto sportivo e tutela diritti della personalità: reputazione, privacy, oblio, immagine e identità personale.

In questo particolare ambito è conosciuta e apprezzata anche per le numerose pubblicazioni in riviste giuridiche e la sua partecipazione ai convegni.
Svolge altresì attività legale nell’ambito del diritto commerciale e societario dove ha acquisito esperienza nei settori della responsabilità degli amministratori, della contrattualistica, della concorrenza.