La Cassazione dà ragione a Lexsential sulla diffamazione

La Corte di Cassazione, sezione civile, con l’ordinanza n. 1627/2024, in accoglimento delle difese di Sabrina Peron, avvocata e of Counsel di Lexsential ha statuito che il cronista che riferisce del contenuto di una e-mail priva di firma, ricevuta in via confidenziale dalla polizia giudiziarie, incorre nella diffamazione, nel caso in cui la notizia successivamente si riveli falsa (art. 595 Codice Penale).

È infatti noto che la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore costituisca un lecito esercizio del diritto di cronaca quando ricorrono le seguenti condizioni:

  • la verità oggettiva (o perlomeno putativa) della notizia pubblicata;
  • l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta: pertinenza);
  • la correttezza formale dell’esposizione (cosiddetta: continenza).

La condizione della verità della notizia comporta, come inevitabile corollario, l’obbligo del giornalista, non solo di controllare l’attendibilità della fonte (non sussistendo fonti informative privilegiate), ma anche di accertare e di rispettare la verità sostanziale dei fatti oggetto della notizia.

La fonte della notizia, a cui si correla l’eventuale garanzia processuale del segreto professionale, non è solamente la persona fisica dalla quale il giornalista attinge la notizia stessa, ma comprende anche tutte le informazioni (ad esempio sulle utenze telefoniche) che possono portare alla individuazione di chi fornisce fiduciariamente la notizia ai giornalisti.

Il carattere confidenziale o fiduciario della notizia, si determina così in base al dato oggettivo del crisma di ufficialità che la connota e, di conseguenza, in base all’individuazione esatta del soggetto da cui proviene la notizia propalata con il suddetto crisma. In difetto di detta individuazione, ove fosse esclusa la responsabilità del giornalista nella ricorrenza di tale ipotesi, la parte lesa non avrebbe difatti la possibilità di rivolgersi contro alcuno per ottenere tutela della propria lesa onorabilità.

Ne consegue che se la notizia è ricevuta dal giornalista in modo “irrituale” ed egli non ha la possibilità di controllarla, a causa dell’inaccessibilità delle fonti di verifica coincidenti con gli organi e gli atti dell’indagine giudiziaria, tale inaccessibilità, lungi dal comportare l’esonero dall’obbligo di controllo, implica la non pubblicabilità della notizia e non sussiste l’esimente del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo. Fermo restando, ovviamente, che non è certo esigibile dal giornalista, he attinga la notizia di fonte giudiziaria ufficiale, di “replicare” in toto con una sua inchiesta privata, agli esiti dell’indagine pubblica per essere legittimato poi a diffondere questi ultimi.

Concludendo, ogni qualvolta che venga pubblicata una notizia di cronaca giudiziaria proveniente da una fonte confidenziale, senza che venga sottoposta a verifica, qualora la notizia successivamente si riveli falsa, il giornalista che l’ha scritta, l’ha testata che l’ha pubblicata e il suo direttore responsabile, sono responsabili in solido dell’illecito commesso con conseguente obbligo di risarcimento dei danni subiti dai soggetti diffamati.

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