Lexsential su NT Plus de Il Sole 24 Ore con l’operazione 1Med CRO

Il team di Lexsential, composto dai soci Stefano Candela e Pasquale Di Mino e dalle associate Marta Cosi, Teresa Candela, Silvia Sarracino e dagli of counsel Sabrina Peron e Antonio Di Mino, ha assistito 1MED, CRO -Contract Research Organization in una operazione di corporate M&A di alto profilo annunciata ieri.

Della operazione è stata data notizia dalla testata nazionale Il Sole 24 Ore sul dorso NTPlus.

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Lexsential, con un team composto dai soci Stefano Candela e Pasquale Di Mino e dall’associate Marta Cosi nonché dagli associate Teresa Candela, Silvia Sarracino e dagli of counsel Sabrina Peron e Antonio Di Mino, ha assistito 1MED, CRO -Contract Research Organization (organizzazione di ricerca a contratto che fornisce servizi normativi e clinici di alta qualità alle imprese farmaceutiche, medicali e delle biotecnologie) e il fondo di private equity inglese Apposite Capital focalizzato esclusivamente sul settore sanitario e medicale, nell’integrazione di LB Research, Contract Research Organization che fornisce servizi completi di gestione di studi clinici in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto e leader di settore. L’aggiunta delle competenze di LB migliorerà l’offerta di servizi clinici di 1MED per gli studi farmaceutici e sui dispositivi medici. LB Research ha sviluppato un’esperienza particolarmente solida negli studi clinici oncologici, fornendo competenze complementari alle capacità di 1MED. Questa integrazione segna un passo avanti strategico nell’espansione delle operazioni cliniche di 1MED e nel rafforzamento della sua posizione nel mercato europeo dei prodotti farmaceutici e dei dispositivi medici.

Per la parte finanziaria e fiscale 1MED è stata assistita da Mazars.

I soci di LB Research sono stati assistiti da BLF Studio Legale con un team formato dal partner Andrea Corbelli e dall’associate Davide Geraci che hanno curato, per conto degli stessi, gli aspetti legali dell’operazione, incluso il loro reinvestimento nel gruppo 1MED.

Marco Polo Advisor ha assistito i soci di LB Research per gli aspetti finanziari e nella negoziazione dell’operazione.

L’Institute of Directors ha pubblicato il “Code of Conduct of UK Directors”

Il 24 luglio abbiamo pubblicato un articolo intitolato “A New Ethical Framework: Proposed Code of Conduct for UK Directors”, in cui si discuteva di un documento di consultazione proposto dall’Institute of Directors (“IoD”) che proponeva un code of conduct volontario per i directors delle aziende del Regno Unito. 

Questo codice, designato per i directors del settore privato, pubblico e no-profit, ha lo scopo di supportare un processo decisionale più efficace e promuovere elevati standard di integrità. Nel nostro articolo di luglio, curato da Ezio La Rosa e Annie Jandoli – Corporate Finance London  –  abbiamo delineato i sei principi fondamentali proposti da l’IoD:

  • Dare l’esempio. Dimostrando standard di comportamento esemplari nella condotta personale e nel processo decisionale.
  • Integrità. Agendo con onestà, aderendo a forti valori etici e facendo la cosa giusta.
  • Trasparenza. Comunicando, agendo e prendendo decisioni in modo aperto, onesto e chiaro.
  • Responsabilità. Assumendosi la responsabilità personale delle azioni e delle loro conseguenze.
  • Equità. Trattando le persone in modo equo, senza discriminazioni o pregiudizi.
  • Impresa responsabile. Integrando pratiche etiche e sostenibili nelle decisioni aziendali, tenendo conto degli impatti sociali e ambientali, tra cui – tra gli altri – integrità, responsabilità ed equità.

Il 23 ottobre, l’IoD ha formalmente pubblicato queste linee guida volontarie, incoraggiando i consigli di amministrazione a seguire e applicare il codice. I sei principi del documento di consultazione sono stati ora codificati all’interno del codice senza modifiche, ciascuno accompagnato da impegni specifici e risultati previsti. L’Istituto ha espresso la fiducia che il codice consentirà ai directors di raggiungere risultati significativi e rilevanti.

Vincenzo Piccarreta su Il Sole 24 Ore sul marchio dei prodotti importati dai paesi extra spazio economico europeo

Vincenzo Piccarreta, socio di Lexsential, avvocato esperto di diritto della proprietà intellettuale e industriale, firma un articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore di commento a una recente Sentenza della Corte  d’Appello di Catania.

La pronuncia  riguarda l’ipotesi di violazione di marchio nei casi di commercializzazione di prodotti importati da paesi che si trovano al di fuori dello spazio economico europeo.

L’importanza della decisione riguarda le conseguenze significative della commercializzazione di prodotti importati senza il consenso del titolare dei marchi e sancisce che la violazione del marchio possa avvenire anche se i beni non sono contraffatti.

Questa circostanza è spesso sottovalutata dagli operatori commerciali, con conseguenze giuridiche e patrimoniali molto significative.

L’articolo è pubblicato online da NTPlus Diritto de Il Sole 24 Ore, a questo link, di seguito l’incipit.


Chi vende deve verificare se il titolare del marchio ha dato il consenso

Non è sufficiente che il controllo lo esegua solo l’importatore

La Corte di appello di Catania con sentenza del 15 maggio ha ribadito e chiarito a quali condizioni i prodotti importati da Paesi extraeuropei (o, meglio, extra Spazio economico europeo) possano essere commercializzati senza violare lo stesso marchio che li contraddistingue. La violazione del marchio può infatti sussistere nonostante i beni siano “originali”, discendendone tutti gli effetti, anche risarcitori, della contraffazione. Tale circostanza spesso è sottovalutata dagli operatori commerciali.

Il caso riguarda la commercializzazione in Italia di lenti a contatto recanti i marchi di una società multinazionale leader nel settore oftalmico, importate da Paesi extra See senza il consenso della titolare dei marchi. Già nel 2015, il Tribunale di Catania aveva accertato la violazione del marchio e imposto un’inibitoria con obbligo di ritiro dal mercato, omettendo però di pronunciarsi sugli utili conseguiti mediante la violazione.

Nel giudizio d’appello, la Corte ha riformato la decisione del Tribunale riconoscendo che dall’illecito discende l’obbligo di risarcire i danni subiti dal titolare del marchio e di attribuirgli gli utili conseguiti.

IA e diritti umani: la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa

Il 17 maggio 2024, durante l’incontro ministeriale annuale del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, è stato adottato il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante, volto a fornire un quadro giuridico per i sistemi di intelligenza artificiale (IA) in tutto il loro ciclo di vita: la «Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale, i diritti umani e lo Stato di diritto».

 

Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale

La Convenzione è il risultato di due anni di lavoro del Comitato sull’intelligenza artificiale (CAI) che ha riunito per redigere il trattato:

  • i 46 Stati membri del Consiglio d’Europa;
  • l’Unione europea
  • 11 Stati non membri (Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Giappone, Israele, Messico, Perù, la Santa Sede, Stati Uniti d’America e Uruguay);
  • rappresentanti del settore privato, della società civile e del mondo accademico come osservatori.

La Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale ha lo scopo di rispondere alla necessità di disporre di una norma di diritto internazionale.

Secondo la Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović, l’utilità della Convenzione è quella di garantire il bilanciamento tra i vantaggi che l’avanzamento tecnologico produce in materia di IA e il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, sostenuti dai diversi Stati contraenti. E ciò è confermato dal preambolo della Convenzione stessa ove si legge che il nuovo strumento mira a: «…garantire che il potenziale delle tecnologie di intelligenza artificiale per promuovere la prosperità umana, il benessere individuale e sociale e per rendere il nostro mondo più produttivo, innovativo e sicuro sia sfruttato in modo responsabile che rispetti, protegga e realizzi i valori condivisi delle parti e sia rispettoso dei diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto».

 

Pericoli e rischi dell’Intelligenza artificiale

Nonostante i suoi aspetti vantaggiosi, le tecnologie di intelligenza artificiale, sempre più dirompenti nella quotidianità, comportano il rischio significativo di avere un impatto negativo sul processo democratico e sull’esercizio dei diritti umani pertinenti. Tuttavia, con l’attuazione di adeguate misure di salvaguardia, queste tecnologie possono rivelarsi vantaggiose anche per la democrazia.

L’autonomia individuale, pilastro fondamentale della dignità umana, attiene alla capacità di autodeterminazione degli individui: rispetto all’IA, è necessario che gli individui abbiano il controllo sull’uso e sull’impatto di tali nuove tecnologie senza una compressione della loro capacità di agire in senso lato. La regolamentazione antropocentrica riconosce l’importanza di far convivere le   esperienze dei soggetti con l’IA e di non far diminuire l’ autonomia individuale,  valore questo essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto.

L’IA, nel suo ciclo di vita (dallo sviluppo, all’utilizzo), pone gravi rischi e pericoli, quali, ad esempio:

  • la discriminazione
  • la disuguaglianza di genere
  • l’indebolimento dei processi democratici
  • la compromissione della dignità umana o dell’autonomia individuale
  • l’uso improprio dei sistemi di IA da parte di alcuni Stati a fini repressivi.

Di conseguenza, nella Convenzione si sottolinea, ai sensi dell’art. 17, la necessità di evitare le discriminazioni fondate sul sesso, sulla razza o sulla etnia, sui pregiudizi o su altri aspetti di genere, conformemente agli obblighi internazionali e in linea con le pertinenti dichiarazioni delle Nazioni Unite.

Per queste ragioni, ciascuno Stato firmatario, ai sensi dell’art. 4, avrà l’obbligo di garantire che il proprio diritto interno sia conforme agli specifici obblighi derivanti dal diritto internazionale da cui è vincolato in materia di diritti umani. Allo stesso tempo ciascuno Stato è libero di scegliere le modalità e i mezzi per adempiere, a condizione che il risultato sia conforme a tale obbligo.

 

Convenzione a prova di futuro

Gli estensori, pienamente consapevoli del fatto che l’uso crescente dei sistemi di IA comporti nuove sfide per i diritti umani non ancora prevedibili al momento della stesura, prevedono alcuni ulteriori obblighi vincolanti. Si vuole in tal modo garantire una copertura non solo dei rischi attuali, ma anche di quelli futuri (ad es. l’obbligo di prevedere il costante deposito e aggiornamento di documentazione tecnica, dei rischi e degli impatti negativi, nonché la loro comunicazione al pubblico).

Si è cercato, quindi, di rendere la Convenzione quadro a prova “di futuro” alla luce dei rapidi e spesso imprevedibili sviluppi tecnologici.

 

Principi regolatori della Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale

I principi di rendicontazione e responsabilità sottolineano la necessità di definire i chiari nessi di responsabilità e di ricondurre le azioni e le decisioni prese in materia di IA a persone o entità specifiche, in modo da riconoscere la diversità degli attori pertinenti, dei loro ruoli e delle rispettive responsabilità. Ciò è importante per evitare che l’uso di un sistema di IA impatti negativamente sui diritti umani, sulla democrazia o sullo Stato di diritto, dando così vita ad un meccanismo di individuazione certo dei risultati e delle attribuzioni di responsabilità. In altre parole, tutti i soggetti responsabili delle attività nell’ambito del ciclo di vita dei sistemi di IA devono essere sottoposti al quadro normativo e agli altri meccanismi appropriati esistenti, in modo da consentire un’efficace attribuzione della responsabilità.

Il principio di rendicontazione e responsabilità è inscindibile dai principi di trasparenza e di sorveglianza. Di fatto quando le parti interessate comprendono i processi e gli algoritmi sottostanti, diventa più facile rintracciare e assegnare la responsabilità in caso di impatti negativi sui diritti fin qui citati.

A tutto ciò seguono i principi di effettività ed accessibilità in caso di ricorsi (art. 14) per violazione dei diritti umani da parte o tramite IA. Per essere efficace, la procedura di ricorso deve essere in grado di porre rimedio direttamente alle situazioni contestate e, per essere accessibile, deve disporre di garanzie procedurali sufficienti a rendere il ricorso significativo per la persona interessata.

 

L’apertura alla firma della convenzione a Vilnius

La Convenzione quadro sarà aperta alla firma a Vilnius (Lituania) il 5 settembre, in occasione di una conferenza dei ministri della Giustizia con la previsione di una doppia possibilità di attuazione della stessa. I firmatari potrebbero scegliere di aderire alle disposizioni così come figurano nel trattato regolatore, oppure di impegnarsi ad attuare altre misure paragonabili a quelle del documento, purché tutelanti dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. Queste due modalità di adozione sono state proposte al fine di ridurre la disparità in tema di diritti umani negli ordinamenti giuridici dei diversi paesi che compongono l’accordo.

 

 

 

Il nuovo Regolamento UE sulle I.G.: un sistema unitario per una Europa sostenibile

Il 23 aprile è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale UE il testo del Reg. n. 2024/1143 relativo alle indicazioni geografiche di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli, nonché alle specialità tradizionali garantite e alle indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli che modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e che abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.

Il nuovo Regolamento modifica i precedenti Regolamenti (UE) in materia e abroga il Regolamento (UE) n. 1151/2012.

Il nuovo regolamento UE su vini, bevande e prodotti agricoli

Il nuovo testo, entrato in vigore lo scorso 13 maggio, si inserisce nel contesto di semplificazione della normativa della P.A.C. (politica agricola comune), che aveva già consentito di rendere più efficienti e dirette le procedure di modifica dei disciplinari relativi ai prodotti designati da un’indicazione geografica.

Il Regolamento stabilisce norme procedurali armonizzate per le indicazioni geografiche di vini per le bevande spiritose e per i prodotti agricoli in un unico strumento giuridico.

Viene, quindi, creato un sistema «unitario ed esaustivo» di Indicazione Geografica (I.G. art. 4 – vini, spiriti e prodotti agricoli), basato su una procedura di registrazione univoca, articolata in due fasi, simile, ad esempio, a quella già esistente per gli spiriti:

  • la prima nazionale;
  • la seconda europea.

La fase nazionale di riconoscimento

La fase nazionale si apre con la domanda alle autorità nazionali competenti di registrazione depositata da un gruppo di produttori interessati alla registrazione del nome del prodotto o, a certe condizioni, anche da un singolo produttore. La domanda è accompagnata dal disciplinare del prodotto.

Nel caso di zone transfrontaliere, più gruppi di produttori possono presentare domanda comune a tutti gli Stati interessati.

Nel corso della fase nazionale, è prevista una procedura d’opposizione. Nel frattempo, gli Stati possono concedere una protezione transitoria a livello nazionale.

La fase europea per l’Indicazione Geografica

Superata questa fase, lo Stato che ha approvato la domanda presenta la stessa alla Commissione, ora unica responsabile, che la esamina entro sei mesi.

Nuovamente è possibile presentare opposizione, questa volta su iniziativa degli altri Stati membri. In tal caso, la Commissione può concedere un periodo transitorio di massimo 5 anni per la continuazione dell’uso di denominazioni di prodotti che violino l’I.G. Ottenuta la concessione da parte della Commissione, l’I.G. viene inserita in un apposito registro pubblico europeo, tenuto dalla stessa Commissione e gestito dall’EUIPO (l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale).

Anche gruppi di produttori di Paesi terzi possono presentare una domanda di registrazione (a livello di Unione) o fare opposizione.

 

La tutela delle indicazioni geografiche, dei marchi e delle varietà vegetali

Per quanto riguarda la tutela delle Indicazioni Geografiche, il suo livello è mantenuto in linea con quello già esistente. Restano protette contro «qualsiasi uso che indebolisca, svigorisca o ancora danneggi la reputazione del nome», le imitazioni e/o evocazioni, e contro qualsiasi altra indicazioni o pratica potenzialmente ingannevole o confusoria rispetto all’origine, qualità o natura del prodotto.

Il Regolamento disciplina anche il rapporto coi marchi e con le varietà vegetali.

I primi sono esclusi dalla registrazione se il loro uso violi le I.G. e, a loro volta, queste ultime non sono registrabili qualora  possano indurre il consumatore in errore rispetto a marchi dotati di fama o reputazione. Le varietà vegetali, invece prevalgono sulla I.G. impedendone la registrazione.

 

Le specialità tradizionali garantite

le specialità tradizionali garantite (S.T.G.) sono oggetto del capo II del Regolamento. Anche per queste è prevista la procedura di registrazione articolata in due fasi, nazionale e unionale, con doppia possibilità d’opposizione.

Il Regolamento prende in considerazione anche le indicazioni facoltative di qualità, che hanno lo scopo di «agevolare la comunicazione da parte dei produttori, nel mercato interno, delle caratteristiche o proprietà dei prodotti agricoli che conferiscono a questi ultimi valore aggiunto», quale, ad esempio, l’indicazione «prodotto di montagna».

 

Il Regolamento come parte del sistema di sostenibilità europeo

Infine, il Regolamento rende evidente come la sostenibilità, parte del Green Deal europeo, sia al cuore dell’azione dell’Unione. Basta vedere il consistente numero di considerando dedicati al tema (nn. 2, 3, 4, 9, 19, 23, 24, 25) che esplicitano come queste norme siano anche volte ad agevolare la transizione verso un sistema di produzione alimentare sostenibile e circolare, oltre che basato su “prodotti di qualità, tradizionali e accessibili” (considerando 7).

Nel testo normativo, la sostenibilità è posta come parte del primo obiettivo del Regolamento all’art. 4 lett. a) (“prodotti che sono il risultato di una produzione sostenibile nelle sue tre dimensioni”). Inoltre, ne tratta l’intero articolo 7, disponendo che il gruppo di produttori che presenta la domanda può includere una o più pratiche sostenibili, e anche renderle obbligatorie, nel disciplinare da rispettarsi per il prodotto coperto da indicazione geografica. Tali pratiche sono dagli scopi ampi e comprendono sia la “mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento agli stessi” (art. 7, co. 2, lett. a), sia la riduzione dei pesticidi (lett. b) e il benessere animale (lett. c), sia il mantenimento di redditi equi e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei produttori (lett. d, e, f).

In conclusione, il Regolamento mira a un sistema unitario, seppure per certi versi complesso, che razionalizza le procedure e le relazioni tra le varie indicazioni geografiche e gli altri diritti, promuovendo anche gli obiettivi sociali e ambientali che sono sempre più al centro dell’azione della UE. Resterà da vedere se tali aspirazioni saranno soddisfatte e se il Regolamento sarà anche in grado di rendere più competitiva l’economia dell’Unione.

Il team di Proprietà Industriale e Intellettuale di Lexsential si occupa da molti anni delle tematiche su cui impatta il Regolamento.   

Vincenzo Jandoli firma un commento sul marchio «Pablo Escobar» per Italia Oggi

Il quotidiano Italia Oggi ha pubblicato un intervento a firma dell’avvocato Vincenzo Jandoli, partner di Lexsential ed esperto di diritto della proprietà intellettuale e industriale che riguarda un curioso caso affrontato dal Tribunale dell’Unione Europea con sentenza del 17 aprile 2024, relativa al caso T 255/23.

Leggi l’articolo su Italia Oggi (in abbonamento)

Nell’articolo si evidenzia come il nome del noto narcotrafficante colombiano non possa essere registrato come marchio denominativo.

Lo scorso settembre 2021 la società portoricana Escobar Inc. ha chiesto la registrazione del segno denominativo Pablo Escobar come marchio UE per vari prodotti all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).

L’intenzione era evidentemente quella di pubblicizzare e commercializzare prodotti, tra cui profumi, accessori, pelletteria e abbigliamento con il brand ispirato al nome del noto narcotrafficante scomparso nel 1993.

«Ebbene, queste persone assocerebbero il marchio Pablo Escobar alle attività illecite di traffico di droga e ai crimini e alle sofferenze che ne derivavano, quindi, in contrasto con i valori e le norme morali fondamentali prevalenti nella società spagnola e alla base della cultura», scrive Vincenzo Jandoli nell’articolo.

L’EUIPO ha rifiutato la registrazione con la ragione dell’«impedimento assoluto» ai sensi dell’articolo 7.1(f) del regolamento Ue n. 1001/2017  in base al quale non possono essere registrati marchi che siano contrari all’ordine pubblico e al buon costume.

L’Ufficio ha espresso una valutazione basandosi sulla percezione, in particolare, del pubblico di lingua spagnola e giudicato applicabile la restrizione prevista dal regolamento.


L’avvocato Jandoli firma numerosi articoli per Italia Oggi e Italia Oggi Sette, in tema di marchi e brevetti, materia della si occupa in via esclusiva dall’inizio della sua carriera e, oggi, ai massimi livelli.  

È entrato nel 1994 nello studio del Prof. Franzosi, leader in Europa nel diritto industriale, , diventando partner nel 2000. Per poi concludere la propria esperienza in quello studio come Managing Partner per poi entrare con il suo team come socio  nel 2023 in Lexsential.

Vincenzo si occupa di contenzioso e consulenza nel campo brevettuale, marchi, design, copyright, concorrenza sleale, pubblicità e contrattualistica relativa alla tutela della tecnologia e soluzioni innovative. 

La sua esperienza si estende all’attività accademica in Italia e all’estero e svolge una intensa attività convegnistica e di pubblicista.

Vincenzo Jandoli interviene su Italia Oggi sulla proposta di regolamento per la Compentence Center che si occuperà di royalty per brevetti SEP.

Il quotidiano economico e giuridico Italia Oggi ha pubblicato un contributo a firma dell’Avv. Vincenzo Jandoli, equity partner di Lexsential, in merito alla proposta di regolamento sugli Standards Essential Patents. Ne riportiamo di seguito un estratto.

Conciliazione per i brevetti SEP

Ieri si è riunita la Commissione del parlamento europeo per una prima votazione sulla proposta di regolamento europeo relativo ai brevetti essenziali meglio noti come Standard Essential Patents (SEP).

Nella proposta di regolamento è prevista, quale principale novità, l’istituzione di un organo istituzione chiave: il Competence Center presso l’Ufficio europeo di tutela della proprietà intellettuale (Euipo) ad Alicante, in Spagna. Tra i suoi compiti rientrerà la gestione della fase di conciliazione obbligatoriamente preliminare a qualunque contenzioso in caso di violazione di SEP e determinazione della royalty per il loro utilizzo.

Prima di analizzare i singoli compiti di questo centro è opportuno, però, un chiarimento su cosa siano i SEP e le relative licenze.

SEP è un brevetto che rivendica un’invenzione che dev’essere necessariamente (nel senso che non vi è altra strada percorribile) utilizzata (per esempio dai produttori di dispositivi mobili) per conformarsi a uno standard tecnico (un complesso di requisiti tecnici a cui i prodotti realizzati in un determinato settore devono uniformarsi).

Ciò al fine ultimo di permettere l’interoperabilità (reciproca compatibilità) tra dispositivi di diversi produttori (tipico esempio: lo standard WiFi, o 4G o 5G).

La dichiarazione di essenzialità di un brevetto per un determinato standard è fatta dal titolare stesso del brevetto, che è tenuto a concedere in licenza SEP a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (Fair, Reasonable, and non-discriminatory, da cui l’acronimo FRAND).

La licenza è necessaria in quanto, se il prodotto è compatibile con lo standard, allora riprodurrà necessariamente l’insegnamento brevettato, e la sua produzione o commercializzazione integrerà – in assenza di licenza- una contraffazione.


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Sabrina Peron interviene sulle discriminazioni di genere nello sport

La rivista «Nuoto.com» ha pubblicato una riflessione a firma dell’Avv. Sabrina Peron, of counsel di Lexsential, in merito alla partecipazione di atleti transgender alle competizioni di nuoto in acque libere.
Ne riportiamo di seguito un estratto.

Riflessioni aperte sugli atleti transgender e il nuoto in acque libere

Il “Daily News Of Open Water Swimming” ha recentemente pubblicato un interessante articolo, a firma di Steven Munatones(nuotatore di acque libere e autore di numerosi articoli e libri in materia – a questo link la sua biografia DNOWS – Le notizie quotidiane sul nuoto in acque libere (dailynewsofopenwaterswimming.com), per stimolare il dibattito della comunità di nuoto in acque libere sugli atleti transgender.

L’articolo muove da una duplice constatazione.

Da un lato, la constatazione delle polemiche e delle discussioni che hanno attraversato il mondo del nuoto negli USA dopo che Lia Thomas è diventata la prima atleta transgender a vincere una gara della NCAA Division I ai campionati del 2022 (in proposito si rinvia al nostro articolo a questo link Nuoto: alla ricerca del difficile equilibrio tra inclusività e parità di condizioni – Nuoto.com). Polemiche che hanno interessato soprattutto la questione di un possibile vantaggio delle atlete transgender su quelle cinsgender, vantaggio che potrebbe essere non del tutto eliminato dalle cure ormonali.

Dall’altro lato, constatazione che nel nuoto in acque libere tutto sommato vi è un certo bilanciamento di risultati tra uomini e donne; anzi quest’ultime  soprattutto nelle ultramaratone – hanno stabilito record assoluti Si pensi ad Arianna Bridi e a Marcela Cunha che nel 2020 si sono classificate al 1° e 2° posto assoluto nella storica Maratona Capri-Napoli di 36 km in 6 ore e 4 minuti, battendo il record assoluto maschile e femminile; oppure a SarahThomas, finora la prima ed unica persona al mondo ad attraversare a nuoto la Manica per quattro volte consecutive (nuotando circa 84 miglia in 54 ore e 10 minuti) e il North Channel per due volte consecutive (notando circa 45 miglia in 21 ore e 46 minuti).


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Nota a sentenza di Sabrina Peron sul diritto all’aggiornamento delle notizie di cronaca.

La «Rivista Giuridica Sarda» ha pubblicato una nota a sentenza a firma dell’Avv. Sabrina Peron, of counsel di Lexsential di commento alla sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 519/2021 che riguarda il diritto all’aggiornamento delle notizie pubblicate sulle testate on-line.

Il principio giuridico sul quale ruotano la pronuncia e il commento, ribadito dalla Corte, è che: «Per le testate giornalistiche non sussiste alcun obbligo generale e automatico di aggiornamento e/o di rimozione delle notizie una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo; tuttavia, l’interessato ha sempre diritto di richiedere l’aggiornamento e/o la cancellazione dei suoi dati.

Il diritto all’aggiornamento della notizia, che si traduce nella facoltà di richiedere alla testata giornalistica l’aggiornamento dei propri dati, risponde, per un verso, e in via prioritaria, all’interesse del singolo a non vedere la rappresentazione della propria identità vincolata ad informazioni non contestualizzate con le vicende successive e, quindi, parziali e sostanzialmente non vere; per altro verso risponde indirettamente anche all’interesse della collettività ad un’informazione tempestiva e, soprattutto, corretta e completa».

Il commento è stato ripreso anche dal quotidiano Italia Oggi in data 17 gennaio 2024.
Scarica l’articolo in formato .pdf


Corte d’appello di Cagliari, 15 dicembre 2021, n. 591 con nota di Sabrina Peron

«Il diritto all’aggiornamento delle notizie di cronaca»

La fattispecie per cui è causa ha origine da un caso di cronaca giudiziaria: un soggetto viene arrestato in presunta fragranza di reato di furto di piante d’olivo. Il quotidiano l’Editrice Alfa, in data 10.3.2008, dИ la notizia dell’arresto con un articolo nel quale riporta anche i dati personali dell’arrestato (nome, cognome, residenza e etИ). A seguito della convalida dell’arresto e del rinvio a giudizio, in data 11.3.2008, viene pubblicato un secondo articolo di aggiornamento. Entrambi gli articoli vengono diffusi anche tramite la testata on-line del quotidiano. Successivamente, con sentenza del 29.5.2009 (quindi dopo circa 14 mesi dalla pubblicazione degli articoli sopra citati), il tribunale pronuncia assoluzione con formula piena, il quotidiano non dИ perШ notizia circa l’esito favorevole del processo.

Nel corso del 2009, il soggetto interessato constatato che digitando il proprio nominativo sui motori di ricerca era ancora possibile visualizzare i due articoli che lo riguardavano richiedeva al direttore responsabile del quotidiano (con tre lettere

raccomandate inviate tra luglio e dicembre 2009) di «espungere dal web gli articoli in questione e di dare notizia dell’assoluzione dedicando all’aggiornamento della notizia lo stesso spazio grafico riservato agli articoli precedenti». Non avendo ricevuto alcun riscontro e constatato che alla data di notifica dell’atto di citazione uno dei due articoli era ancora visibile on-line, veniva adito il Tribunale di Cagliari per dirimere la controversia. In particolar modo, lamentando la lesione dei propri «diritti al nome, immagine, identitИ personale, onore, decoro e reputazione, per illegittima violazione

dei limiti della continenza e della pertinenza nell’esercizio del diritto di cronaca», l’interessato richiedeva la pubblicazione del dispositivo della sentenza e della notizia inerente all’assoluzione con il medesimo spazio grafico riservato all’articolo, oltre al risarcimento dei danni morali quantificati in € 50.000,00.

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Lexsential in California con Mia Garofalo

Lexsential ha annunciato l’ingresso di Mia Garofalo (nella foto) in qualità di of counsel.

L’avvocata, iscritta all’albo dei foreign legal consultant nello stato della California, risiederà e svolgerà la sua attività nella Bay Area di San Francisco.

Mia Garofalo ha una vasta esperienza nel diritto commerciale, aziendale e societario. Assiste dunque grandi, medie e piccole imprese, concentrandosi sui contratti commerciali e sulle transazioni societarie, comprese le acquisizioni di beni e gli accordi di partnership. Ha inoltre maturato una significativa esperienza sull’intero spettro di questioni relative a situazioni di investimento speciali.